Il Borgo


“… Montalbano dice di amare quel che resta della Sicilia ancora selvaggia: avara di verde con le casuzze a dado poste su sbalanchi in equilibrio improbabile, e questo piace anche a me, ma credo che sia piuttosto un gioco di memoria …” – A. Camilleri
 
 
 

L'osteria e il cibo siciliano:


In Sicilia mangiare è un rito: il cibo si mangia prima con gli occhi, poi aspirando l’aroma che sprigiona e infine assaporandolo. La cucina siciliana è un vero giacimento culturale, l’amalgama perfetto delle influenze di diverse culture.



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La devozione popolare: l’altare di S. Giuseppe a Ramacca


L’altare di S. Giuseppe vuole essere voto di ringraziamento o come propiziazione di una grazia da parte di una persona devota, che si è impegnata con San Giuseppe a fare un convito di beneficenza. Gli altari, imbanditi la sera del 18 Marzo, vigilia della festa di S.Giuseppe dai devoti del santo per una grazie ricevuta, sono grandi “Tavolate” sulle quali vengono sistemate ad arte pietanze di tutti i tipi, tra le quali non possono mancare le frittate, il pesce, i biscotti, i dolci e le tradizionali forme di pane di Ramacca. La tavolata viene consumata l’indomani a pranzo – 19 Marzo - da “i tri pirsuni”, rappresentanti la Sacra Famiglia di Nazareth, e da amici e parenti del devoto. La cena di San Giuseppe, folklore e rito insieme, è una dimostrazione esteriore di quella religiosità autentica, spontanea, singolare e piena di valore antropologico. Capire perché le tavolate di San Giuseppe si ripetono anno dopo anno, sempre uguali, nonostante l'incalzare del tempo, e resistono alla furia devastatrice del dilagante modernismo, significa riconoscere la forza della fede, il valore del credo di un popolo che custodisce, gelosamente intatto, il passato su cui ha costruito la sua storia.



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La macelleria




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La fontana




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La bottega del pittore di carretto


Il carretto e' da sempre il simbolo della Sicilia e della sua tradizione: Un'esplosione di colori. In ogni singolo pezzo che lo compone troviamo i colori del sole siciliano: il tutto è un' orgia di colori, una scia d'oro.
La storia del carretto siciliano risale appena ai primi dell’Ottocento, eppure sembra, per il suo carattere favoloso, affondare nei secoli. Le ruote e i raggi e le sponde erano finemente intagliati, le chiavi di sostegno ornate di rosoni, di angioli e di draghi, le spalliere di vicende che parlavano alla immaginazione. Dapprima si preferirono scene religiose che narravano la passione di Gesù e la vita di un santo, poi si passò alle vicende dei Reali di Francia che erano il fulcro dell’"Opera dei Pupi". E queste finirono col trionfare e resistono ancora al mutar delle mode con qualche eccezione per altri personaggi che incarnavano l’ideale eroico della gioventù siciliana. Ogni carro aveva, nei suoi cinque scomparti, un ciclo rappresentato nei suoi episodi culminanti con battaglie scenografiche, duelli fra paladini e saraceni, cavalli al galoppo e bandiere crociate ondeggianti al vento.
Il carrettiere era il re della strada: aveva per trono la sponda del suo carro, per scettro la sua frusta, e un servo fedele, la bestia che ubbidiva ai suoi richiami.



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La bottega dei pupi siciliani


“…la mia sorpresa era di vedere quel popolo attento, appassionato, che prendeva parte per l'uno o l’altro eroe, identificandosi nella tragedia al punto che molti stringevano i pugni, facevano stridere i denti e perfino piangevano per le gesta di quelle marionette, o pupi come dicono loro…” – G. Vuillier “Sicilia, impressione del presente e del passato” 1982 –cap.II
 
 
 

Una volta, e non è passato tanto tempo, l’opera dei pupi era lo spettacolo quotidiano per i siciliani. Forma di intrattenimento globale, la sera ci si riuniva nei teatrini a seguire le vicende di Orlando e Rinaldo, angelica e Bradamante, parteggiando come partiti politici, per i propri eroi, contro i “cattivi” Mori. La tradizione iniziò nel XVIII secolo, quando gli spagnoli introdussero questi curiosi oggetti (utilizzati principalmente per l’intrattenimento dei bambini), di cui i siciliani seppero fare una sopraffina e poliedrica arte. Le prime storie rappresentate, quelle ancora oggi considerate classiche, furono quelle legate alle vicende dei paladini di Carlo Magno, gli eroi Orlando e Rinaldo, che nelle loro avventure davano vita a spettacoli coinvolgenti che, ben presto, catturarono il cuore del siciliano. Gli argomenti trattati nelle opere includevano amore non corrisposto, tradimento, rabbia, vendetta, tradimento e sete di giustizia, tutti sentimenti vivi nei cuori dell’oppresso popolo isolano, che apprezzava l’opera non solo per le sue storie, ma anche per la capacità di fare satira sulla chiesa e sul governo, dato che alle bocche dei pupi era concessa una maggiore libertà di parola. Ovvio che nelle imprese dei paladini la gente sognava i suoi ideali, con la fantasia si trasformava nei suoi eroi, in quel mondo suggestivo e atemporale dove ci si batteva a morte per uno sgarbo e per l’onore, dove cavalli alati, castelli stregati e negromanti rendevano possibili ogni vicenda.
I pupi tradizionalmente sono scolpiti in blocchi di legno di faggio, olivo o limone, e possono raggiungere l’altezza di circa un metro e mezzo, anche se quelli classici sono alti circa la metà. Queste piccole opere d’arte sono finemente decorate in ogni dettaglio e grazie alle loro giunture in corda e alle loro armature metalliche sono in grado di dare vita a colorite e rumorose battaglie. La bravura del puparo, oltre che nella capacità recitativa, sta anche nella destrezza nei movimenti dei pupi. Un tempo le famiglie di pupari, seguendo una sorta di sistema circense, davano vita a lunghi spettacoli itineranti che rallegravano le piazze di tutti i paesi della Sicilia. Oggi purtroppo questo non avviene più, e gli spettacoli rimangono un’attrazione meramente folcloristica destinata per lo più a turisti e scolaresche.



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La bottega del figurinaio


“magistri figule artis et vulgo cannatari nominati” – A. Jiudica
 
 
 

Duro e misero mestiere quello del figurinaio –modellatore del fango argilloso. Mani sempre umide, sporche di terra, al caldo della fornace, al freddo dell’acqua, il figurinaio trascende la sua esistenza nel fissare l’attimo eterno della figurina l’umile gesto contadino. La Sicilia vanta una forte e radicata tradizione nella produzione del modellato in terracotta. La Caltagirone dei maestri Bongiovanni e Vaccaro, di P. B. Papale, dei Bonanno sono guida per la conoscenza della etno-antropologia siciliana. Gesti, riti, espressioni del popolo, del volgo, del mendicante diventano racconti muti nelle mani del modellatore.



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La casa rurale e la casa barocca


“Architettura comincia dove due pietre sono sovrapposte accuratamente” – M. Van der Rohe
 
 
 

L’ambiente architettonico della Sicilia è fortemente legato a radici agro pastorali. Terra nuda e bruciata dal sole, pietre e muri calcinati dal biancore accecante raccontano la storia di una Sicilia minore, contadina: e la decorazione barocca, come una rosa che sboccia tra le spine, diventa capolavoro di scenografia lapidea. L’immaginario siciliano modella a briglia sciolta: balconi e mensoloni pieni di chimere, ippogrifi, sfingi, animali fantastici, mostri dalla narici allargate ….



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Il pane e il panificio


Se il mare è la pelle della Sicilia, il grano è il suo cuore. Nell’antico granaio d’Italia, tra colline e terre brulle si coltivano ancora oggi le antiche varietà di grani duri di Sicilia: Russello, Tumminia, Maiorca, sono varietà di grani appartenenti alla biodiversità mediterranea, patrimonio genetico selezionato dai contadini nell’arco di migliaia di anni di storia. L’importanza del pane in Sicilia si può percepire anche osservando la molteplicità delle forme in cui è prodotto e il suo stretto legami con le tradizione religiose. Ogni festa ha il suo pane rituale. Del resto si può dire che la civiltà é nata proprio quando l’uomo ha iniziato a coltivare la terra e il grano è stato per tanto tempo considerato un dono degli dei.



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La bancarella


Il mercato in Sicilia assume una vera e propria dimensione spazio-relazionale e la bancarella ne è il nucleo. Lacere stoffe proteggono dal sole essiccante venditore e la sua mercanzia esposta con grande considerazione dell’estetica. Con voce rauca o squillante, grave o acuta, Il venditore invita all’acquisto o magnifica il suo prodotto con terminologie e accenti antichi, forti, a volte incomprensibili agli stessi siciliani. Gridano, e gridano come pazzi. O forse cantano. Non si capisce alle volte cosa dicono, ma lo fanno con un energia tale da far pensare che stanno li solo per tuonare con la voce fin dal mattino. Questo sistema, chiamato “vanniata” va dalla semplice iterazione del prezzo ad un repertorio basato su comparazioni, perifrasi, metafore, iperboli, filastrocche ed altro.



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